Osservo spesso come le relazioni d’amore siano uno specchio: ciò che abbiamo vissuto nel passato (in famiglia, nelle prime esperienze affettive o anche nelle amicizie più significative) riaffiora quando ci innamoriamo.
Secondo la Teoria dell’Attaccamento di John Bowlby e Mary Ainsworth, i legami formati nell’infanzia influiscono sul modo in cui costruiamo relazioni nell’età adulta. Se, per esempio, da bambini abbiamo sperimentato un attaccamento insicuro (per paura di essere abbandonati o di non essere mai abbastanza), in età adulta possiamo sviluppare un timore ricorrente di perdere l’altro o un bisogno eccessivo di conferme.
Le nostre ferite emotive si manifestano spesso con comportamenti protettivi, come il desiderio di controllo, la tendenza a chiudersi nel silenzio o, al contrario, a reagire in modo esplosivo. In altre parole, ci “mascheriamo” per paura che chi amiamo possa ferirci nello stesso modo in cui siamo stati feriti in passato.
Immagina di portare nello zaino un oggetto che rappresenta una vecchia ferita: una lettera che non hai mai ricevuto, un ricordo di un litigio che ti ha segnato, o magari la foto di chi ti ha lasciato all’improvviso. Ogni volta che inizi una nuova relazione, quello zaino è sulle tue spalle. Anche se lo ignori, pesa e influenza il tuo modo di vedere l’altro.
- Ti comporti con cautela? Forse controlli ogni messaggio temendo di essere ignorato.
- Ti chiudi a riccio? Preferisci non chiedere ciò di cui hai bisogno per evitare il rifiuto.
- Tendi a idealizzare l’altro? Provi a proteggerti illudendoti che la storia perfetta esista.
Riconoscere questi schemi non è segno di debolezza, ma di consapevolezza. Come dice Carl Rogers, la congruenza – cioè la coerenza tra ciò che sentiamo e ciò che esprimiamo – è una delle chiavi della crescita personale. Ammettere che portiamo con noi alcune “zone d’ombra” è il primo passo per illuminarle.
Esercizio Creativo: “La Lettera alla Ferita”
- Prepara un ambiente protetto: trova un luogo silenzioso, spegni il cellulare, magari accendi una candela o metti un sottofondo musicale rilassante.
- Individua la ferita: pensa a un’esperienza sentimentale o relazionale che ti ha segnato. Cerca di dare un nome all’emozione dominante (tristezza, rabbia, paura…).
- Scrivi una lettera alla tua ferita:
- Inizia con “Cara ferita…”.
- Spiega come ti senti, cosa ti ha fatto provare, cosa temi per il futuro.
- Chiedile: “Che cosa stai cercando di insegnarmi?”
- Ascolta la risposta: prova a immaginare che la ferita possa parlare. Potresti scoprire aspetti nascosti di te, come il desiderio di essere rassicurato o il bisogno di dare voce a sentimenti taciuti.
- Rileggi e rifletti: come se fossi una persona esterna, rivedi le righe che hai scritto. Quale messaggio ricorrente emerge? Se il dolore fosse una richiesta d’aiuto, come potresti esaudirla?
Perché funziona?
Questo esercizio integra la scrittura emotiva con la riflessione interiore, sulla scia di tecniche utilizzate in diverse forme di psicoterapia (Emotion-Focused Therapy di Leslie Greenberg o le terapie che utilizzano la scrittura come strumento di elaborazione, vedi gli studi di James Pennebaker). Mettere su carta i sentimenti favorisce la consapevolezza e può avviare il processo di rielaborazione.
Conclusione
Le ferite che ci portiamo dentro, soprattutto in amore, non sono condanne. Anzi, se ascoltate e comprese, possono aiutarci a instaurare relazioni più sane e profonde. Come sostiene Bessel van der Kolk (nel suo libro “The Body Keeps the Score”), il corpo e la mente conservano tracce di ciò che abbiamo vissuto, ma questo stesso “archivio” può diventare una mappa preziosa per ritrovare la strada verso di noi e verso l’altro.
E tu, sei pronto a guardare in faccia la tua ferita, per trasformarla in una nuova possibilità di crescita?