Oggi ti racconto una fiaba antica.
Clarissa Pinkola Estés nel suo libro “Donne che corrono coi lupi” narra dell’innocenza e la purezza di una fanciulla che in nome del padre si fece tagliare ambedue le mani.
Ascolta, la fiaba è, brevemente, questa.
“Un mugnaio era caduto poco a poco in miseria e non aveva più che il suo mulino e, dietro, un grosso melo. Un giorno, che era andato a fare legna nel bosco, gli si avvicinò un vecchio che non aveva mai visto, e gli disse — Perché ti affanni a spaccar legna? Io ti farò ricco, se mi prometti quel che c’è dietro il tuo mulino.-. […] Quando il mugnaio arrivò a casa, sua moglie gli andò incontro e gli chiese: — […] come è piovuta in casa nostra questa improvvisa ricchezza?[…]- Da uno sconosciuto, che ho incontrato nel bosco e che mi ha promesso grandi tesori; in cambio, mi sono impegnato per iscritto a cedergli quel che c’è dietro il mulino: possiamo ben dargli il grosso melo! — Ah marito, — disse la donna spaventata, — Era il diavolo! Non intendeva il melo, ma nostra figlia, che spazzava dietro il mulino. […] Spirato il termine, il giorno che il Diavolo doveva venirla a prendere, ella si lavò per bene e tracciò col gesso un cerchio intorno a sé. Il Diavolo comparve di buon mattino, ma non poté avvicinarla. Incollerito disse al mugnaio: -Portale via tutta l’acqua, che non possa più lavarsi; se no, non ho alcun potere su di lei.- Atterrito il mugnaio obbedì. La mattina dopo il diavolo tornò, ma ella aveva pianto sulle sue mani, che erano pulitissime. Di nuovo egli non poté andarle vicino […].
-Tagliale le mani; se no non posso fare nulla. — il padre inorridì e rispose: — Come potrei tagliar le mani a mia figlia!- Allora il Maligno lo minacciò e disse: — Se non lo fai, sei mio, e prendo te. — Spaventato, il padre promise di obbedirgli. Andò dalla fanciulla e le disse: — Bimba cara, se non ti mozzo le mani, il diavolo mi porta via, e nello spavento gli ho promesso di farlo. Aiutami nel mio affanno e perdonami il male che ti faccio. — Ella rispose: — Caro babbo, fate di me quel che volete, son vostra figlia. — Porse le mani e se le lasciò mozzare. Il diavolo tornò per la terza volta, ma ella aveva pianto e così a lungo sui moncherini, che erano pulitissimi. Allora egli dovette andarsene; aveva perduto ogni diritto su di lei.”.
Il padre. Amore primissimo di ogni donna,
punto fermo di qualsiasi viaggio del cuore, porto sicuro al riparo da qualsiasi mare in tempesta.
La relazione con il padre costruisce l’autostima della donna perché è lui a far sviluppare nella bambina quello che Jung chiama Animus, ciò che invita al mondo dopo la relazione intima e simbiotica con la madre e valorizza la femminilità che sarà della donna futura.
Un padre è chiamato a dare protezione, infondere fiducia e sicurezza, esercitare un ruolo normativo e strutturante.
Il suo abbraccio è l‘impronta per tutti gli abbracci che verranno: i padri assenti gettano le loro figlie nelle braccia di tutti alla ricerca dell’unico abbraccio che il cuore desidera.
Nella fiaba, la figlia è un essere pio, amabile ed innocente, bloccata in uno stato di sonnambulismo della mente, intenta a spazzare il pavimento dietro il mulino, senza alcuna prospettiva futura, ma con un’anima ed una luce interiore capace di richiamare il Diavolo. Il padre, simbolo della funzione della psiche che dovrebbe guidare nel mondo esterno, tradisce, senza saperlo, la figlia
e credendo di difenderla le mozza le mani, intera forza creatrice della psiche stessa. La figlia si sottomette placida alla profanazione del suo corpo e della sua mente, lasciando sacrificare una parte di lei. Le mani non ricevono soltanto, ma trasmettono e per questo il predatore della psiche, il Diavolo, vuole che alla fanciulla siano amputate proprio le mani, per sottometterla e renderla incapace di qualsiasi attività.
Il pianto diventa, come sempre, possibilità di salvezza.
Nelle favole le lacrime hanno una funzione di purificazione, sono infatti capaci di cambiare le persone, ricordando loro cosa sia veramente importante. Sconfitto il diavolo la figlia decide di andarsene e di sopravvivere, senza mani, nel mondo esterno, inseguendo il suo destino.
“[…] la fanciulla rappresenta la psiche sincera, e prima dormiente. Ma un’eroina-guerriera sta sotto la sua dolce apparenza esteriore. Ha la resistenza della lupa solitaria. Sa sopportare sporcizia, sudiciume, tradimento, ferite, solitudine, e l’esilio dell’iniziata. Sa vagare nell’oltretomba e ritornare, arricchita, al mondo di sopra. […]
La fiaba offre ulteriori punti di riflessione, ma io vorrei che insieme ci concentrassimo sul concetto di Animus, il maschile interiorizzato presente in ogni donna che si manifesta nel bisogno di indipendenza, di ambizione, di forza e potere.
Chiudi gli occhi. Fai un respiro profondo e immagina te stessa entrare in una stanza.
come sei vestita? Com’è la tua postura, il tuo passo sul terreno? Sei da sola? Quale emozioni percepisci?
E l’atmosfera, nella stanza al tuo arrivo, come si presenta?
Quello che senti è nuovo o un vissuto che già conosci.
Se vuoi, scrivimi per condividere con me le intuizioni che questo piccolo compito ha aiutato a fare emergere.